di Sabrina Piscaglia

“Lunga vita ai fiori recisi”

di Sabrina Piscaglia

Lunga vita ai fiori recisi, lunga vita alla pittura.
“La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà”.
Michail Aleksandrovic Bakunin
“L’umorismo non è rassegnato ma ribelle, rappresenta il trionfo non solo dell’Io, ma anche delprincipio del piacere, che qui sa affermarsi contro le avversità delle circostanze reali”.
Sigmund Freud
“Se siete seri, siete bloccati. L’umorismo è la via più rapida per invertire questo processo.Se potete ridere di una cosa, potete anche cambiarla”.
Richard Bandler
La pittura, un tempo regina assoluta delle arti visive, è oggi confinata a margine del mondodell’arte contemporanea perché considerata inattuale, sterile ed incapace di raccontarci pertinentementeil mondo schizofrenico nel quale viviamo. La presenza di un quadro alla Biennale èanomalia perturbante e non più legge. Eppure una nutrita schiera di irriducibili reazionari si ostinaa utilizzare questa obsoleta tecnica di rappresentazione per realizzare le proprie opere. C’èdavvero da chiedersi se questo sia accanimento terapeutico, incapacità congenita del medicoa lasciar partire dignitosamente un paziente agonizzante, o se davvero si sia scoperta una curamiracolosa per questo malato terminale.Se lo chiede sicuramente Enrico Mitrovich, che fa parte di questo gruppo di cocciuti ed impenitentiretrogradi che si rivendicano pittori. Se lo chiede incessantemente, interrogando il quadro,testandone i limiti e le possibilità, riscoprendone i fondamenti, le radici, l’essenza più profonda.Il passatismo di Mitrovich, infatti, non si limita all’utilizzo, decisamente poco postmoderno, delpennello. Estremista impenitente, egli recupera alcune ricette arcaiche per fabbricare a mano ipropri pigmenti, riesuma delle tele antiche e si spinge fino a reintegrare quasi sistematicamentecornici vintage che determinano il formato delle opere. Molto più di un semplice ritorno alle origini, ai bei vecchi tempi delle botteghe, queste scelterivelano una presa di posizione etica.Rifiutare l’utilizzo di prodotti preconfezionati è rifiuto dell’uniformità e dell’uniformizzazione.La materia delle tele (spesso rattoppate) è dato estetico, è arricchimento materico, complessitàe vivificazione del supporto. La creazione artigianale dei colori, fatta con terre, fiori, pietre, chiara d’uovo ed altri ingredientisegreti che non ci è dato svelare, non è solo un atto ludico da piccolo chimico, o da ragazzettopasticcione che ama mettere le mani in pasta. È invece negazione categorica della campiturapiatta così cara alla pop art, è rinuncia radicale alla monotonia industriale dei pigmenti, è affidamentoparziale al caso, alla variabile imprevedibile.La cornice (la cui disparizione segna l’abolizione della frontiera tra arte e vita e l’ambizionedel pittore ad iscriversi nella realtà materiale) è affermazione di uno spazio proprio dell’arte edell’artista. È mettere in evidenza un momento preciso di riflessione, uno spazio esclusivamentededicato all’intelletto, al discorso, alla comunicazione. È un confine fisico e concettuale cheimpone, a chi voglia accostarsi, un’accettazione delle regole proprie all’opera, una sospensionedell’incredulità, una “fede poetica¹” che permetterà l’accesso ed il godimento dell’opera stessa. Queste prese di posizione implicano quindi un’affermazione della singolarità e dell’individualità,non in maniera divistica, ma con la consapevolezza che chiunque possa proporre un discorsopotenzialmente interessante, persino utilizzando un mezzo decrepito come la pittura. E anzi, proprio perché questa tecnica ha una storia secolare, è possibile tessere un gioco dirimandi e ritorni, di violazione o rispetto dei codici, di dialogo od innovazione rispetto al passato.Certo il contesto in cui evolviamo oggi è tanto difficile e criptico proprio perché mai prima si eravenuta a creare una realtà socio-politico-economica come quella contemporanea ed è venuto amancare ogni punto di riferimento. Questo non significa però che non si possa sfruttare il passatoper forgiarci una chiave di lettura del presente.Ecco infatti apparire, nelle opere di Mitrovich, il cardellino², i fiori³, la Gioconda, le madri col bambino,tutti associati impunemente a simboli e situazioni prettamente contemporanei. E così gliaeroporti, i restauri, la legge sulla privacy, i Pac-Man, il logo ENI, le batterie di allevamento deipolli, i raggi X, condividono il proprio spazio ideale e fisico (quello del quadro) con le vestigia diun passato non più muto perché non più isolato, confinato, dimenticato nella rimessa dell’inutilità.Gli ibridi mutanti che nascono da queste associazioni sono spesso creature esilaranti, e perquesto rivoluzionarie. Perché – Freud ci insegna – niente è più irriverente e destabilizzante che ilriso. Assimilata e digerita la lezione di Dada e del Surrealismo, Mitrovich racconta, come pochioserebbero, l’assurdità grottesca e l’insensatezza ridicola del mondo d’oggi.Come restare seri davanti a In sette spaventati da un pettirosso (Erithacus rubecula) in cui untenero uccellino terrorizza un drappello di persone grazie al più fragile dei fiori, il soffione? Comemantenere un’aria compunta dinnanzi alla standing ovation dei Pulcini? Come non sghignazzaredi fronte alla pericolosità del bagaglio di un viaggiatore in He hasn’t got a gun?E soprattutto come fingere poi che queste risate fossero solo spensierati momenti di un’esistenzaperfetta? Perché se è vero che il riso ci permette di accedere, senza traumi, al contenutorimosso del nostro inconscio, allora è anche vero che la visione, o la comprensione, del rimosso(sia esso sociale o personale), può terrorizzarci o farci sbellicare dalle risate, ma mai lasciarciindifferenti. Riso o pianto, dipende dal discorso, quello di Mitrovich è costruito sull’ironia, l’intelligenza,il “gioco di parole”, l’inventiva. Mai aggressivo, ma sempre lucidissimo, questo neodadaista,ci apre gli occhi come solo i grandi umoristi sanno fare.Il suo strumento? Un’obsoleta tavolozza!
Allora un grido sorge spontaneo: lunga vita ai fiori recisi, lunga vita alla pittura!
¹ Samuel Taylor Coleridge, Biographia literaria – capitolo XIV
² Il cardellino è storicamente il simbolo della Passione di Cristo
³ Soggetto di tantissime nature morte, simbolo della vanità e della caducità dell’esistenza terrena