2012 > “Le citta´dipinte e l´uomo”

Invito
Le citta´dipinte e lúomo
Vernissage
martedì 16 ottobre alle 18.30
testo critico di Domenico Iaracà

Comunicato stampa
Dal 16 Ottobre prossimo, la storica galleria Ghelfi presenterà la mostra “Le Città dipinte e l’Uomo” Gli spazi che da ormai cinquanta anni presentano alla città artisti storicizzati e ormai affermati ospiteranno le opere e la recente ricerca artistica di alcuni pittori che gravitano sulla città: Alessandro Finocchiaro, Giuseppe Iannello, Roberta Rossetto, ed Enrico Mitrovich
È una Vicenza diversa quella in mostra alla Galleria Tino Ghelfi. Diversa o forse no: la città è in gran parte la stessa ma sicuramente vista con occhi diversi.
Per iniziare non mancano certo i monumenti palladiani che ne costruiscono legittimo orgoglio e tratto distintivo, ma sono presentati, ad esempio, con una prospettiva a volo d’uccello nella tela di Mitrovich. Riconosciamo il monumento ma vediamo sotto un’ottica diversa quella Basilica che di Vicenza è quasi un simbolo.
Dal grande al piccolo, dai monumenti ad alcuni loro particolari: a questo scorcio infatti si accostano i volti che da secoli ci osservano dalle balaustre e dai portali. I volti delle statue e i mascheroni in pietra di Vicenza o d’Istria che popolano la città occupano pure, in dimensioni al di sopra del naturale, le carte di Giuseppe Iannello. Tema delle sue carte sono queste sculture esposte agli agenti atmosferici e su cui il trascorrere del tempo ha lasciato segni che ne evidenziano e sottolineano le masse. Iannello sfrutta al meglio la competenza disegnativa della sua formazione di incisore per presentare dei disegni dal tratto forte ed incisivo. Sono volti della città che, come quelli umani, non subiscono indenni il trascorrere del tempo, ma a cui il l’energia del gesto dell’artista finisce con infondere una nuova vita, una linfa nuova.
Se il tratto, deciso e pressoché assoluto, cioè privo dell’apporto cromatico, è il protagonista delle care di Iannello, questo scompare nelle tele di Alessandro Finocchiaro. Qui le pennellate dense e una tavolozza limitata alle tonalità fredde presentano una Vicenza meno nota ma non meno vera. Resta ferma l’attenzione agli edifici monumentali ma indagati da uno sguardo che rifugge l’analisi dei particolari, l’intento documentario, per prediligere semmai un’atmosfera più velata, decisamente più emotiva. Non è un caso se tra le opere esposte in mostra compaia un dittico in cui a Vicenza, città di elezione, si affianca un particolare dell’altrettanto amata Sicilia .
Per questa mostra Roberta Rossetto abbandona i grandi formati e le tinte tormentate presentate al Bunker di villa Caldogno per atmosfere più rarefatte. Non più i bruni e i grigi, le maschere antigas e i fogli di giornale, scompare la forte componente materica delle opere precedenti che aveva portato alla definizione di pitture-sculture e manca qui l’inserimento di oggetti che avvicinava le sue tele a dei veri e propri assemblaggi. La sua nuova produzione presenta infatti un sapiente alternarsi di colori caldi e freddi che, in piccoli oli, ripercorre le tappe fondamentali della città monumentale quasi in un percorso di un moderno Grande Tour.
Quella presentata, però, è una città viva, in cui le zone abitative si espandono e il tracciato viario sostituisce la cerchia delle mura. E relitti della città di un tempo finiscono per essere inglobati, ormai privi della loro funzione originaria, in isole accerchiate dal continuo fluire del traffico. Ecco quindi che nelle altre tele di Mitrovich ritroviamo l’ormai desueta porta S. Bortolo, o un ponte che unisce due rive immaginarie di un ruscello inesistente e, infine, un coccodrillo di plastica rossa che ci guarda dal fitto di una foresta urbana.
Ecco quindi che la città che aveva già raccolto molteplici omaggi – non solo dei suoi cittadini, come Neri Pozza, ma anche di artisti di fama internazionale come Cesar – ecco che Vicenza da prova di saper stimolare e ispirare ancor oggi chi ripercorre le sue vie e ne si accosta ad essa. Una città antica ma certamente non muta.